A come APERTURA DEL DIAFRAMMA

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Oggi inizia la pubblicazione di una rubrica fissa con la quale, sotto il nome di "GLOSSARIO FOTOGRAFICO", intendo proporre ai frequentatori del blog, soci del Centro Cultura Fotografica@Trento, la trattazione di alcuni termini del vocabolario fotografico, scelti fra i più importanti. Non ho intenzione di fare concorrenza a Wikipedia o duplicare quanto è già abbondantemente disponibile in rete bensì cogliere lo spunto offerto di volta in volta da un termine gergale per entrare, un po’ in profondità, nei meandri della fotografia, in chiave tecnica e in chiave espressiva. Nella speranza di essere utile e di stuzzicare l’appetito degli appassionati!

Adriano Frisanco


A come

APERTURA DEL DIAFRAMMA
Il diaframma è il foro, localizzato fra le lenti dell’obiettivo, attraverso cui passa la luce che andrà a colpire il supporto sensibile (sensore o pellicola). È fisicamente costituito da un numero variabile di lamelle (5, 6, 7 o anche più) a profilo arrotondato che, stringendosi o allargandosi fra loro, determinano un foro di diametro variabile (solo negli apparecchi più elementari, ad esempio le “usa e getta” a pellicola, il diaframma ha diametro fisso). Analogamente alla pupilla dell’occhio umano, svolge la funzione di regolare la quantità di luce che riesce ad attraversare l’obiettivo e a investire l’elemento sensibile.

diaframmi

L’apertura di diaframma è espressa, in fotografia, dalla lettera f seguita da un valore della scala numerica apparentemente criptica che segue:

1 1.4 2 2.8 4 5.6 8 11 16 22 32 45 64 128

Il rapporto fra i valori della scala è 1,4, cioè radice quadrata di 2, a parte l’arrotondamento al valore più prossimo.

Ciò che conta sapere per un fotografo è che fra un valore di apertura e quello attiguo si dimezza o si raddoppia la quantità di luce che attraversa l’obiettivo (*). Per fare un esempio: con diaframma regolato a f 8 un obiettivo lascia passare il doppio della luce che passa a f 11 o la metà di quella che passa a f 5,6.

Questo dato è molto importante per poter calcolare con esattezza la cosiddetta “coppia tempo/diaframma” dalla quale dipende la luminosità di ogni fotografia.

Si può facilmente calcolare (per pura curiosità vista la totale ininfluenza pratica) il diametro fisico del foro che si crea chiudendo il diaframma del proprio obiettivo a un dato valore, dividendo la lunghezza focale dell’obiettivo a focale fissa o impostata sullo zoom per il valore nominale dell’apertura scelta. Ad esempio: regolando lo zoom su una lunghezza focale di 100 mm e chiudendo il diaframma a f/11, si ottiene un foro di 100:11= 9,1 mm di diametro. Un 50 mm con luminosità f/1,4 ha un foro che, alla massima apertura, raggiunge il diametro di 50:1,4= 35,7 mm. A voi proseguire il divertimento.

Oltre a determinare la quantità di luce passante, la regolazione dell’apertura del diaframma produce un effetto, potremmo dire “collaterale”, sulla cosiddetta “profondità di campo”, cioè l’ampiezza della scena che apparirà nitida in una determinata fotografia (la voce sarà trattata prossimamente)


(*) oltre ai valori “pieni” distanti fra loro di 1 “stop” (dove “stop” sta ad indicare un intervallo che genera il raddoppio o il dimezzamento della luce passante) è possibile regolare l’apertura del diaframma su valori intermedi, corrispondenti a intervalli di 1/2 stop.

1.4 1.7 2 2.4 2.8 3.3 4 4.8 5.6 6.7 8 9.5 11 13 16 19 22

oppure di 1/3 di stop

1.4 1.6 1.8 2 2.2 2.5 2.8 3.2 3.5 4 4.5 5 5.6 6.3 7.1 8 9 10 11 13 14 16 18 20 22


La prossima voce sarà “MESSA A FUOCO”

M come MESSA A FUOCO


CameronAttorno al 1865 Julia Margaret Cameron, appassionata fotografa della Londra vittoriana, replicava agli accademici londinesi che stigmatizzavano la sua "libertà" nella messa a fuoco, scrivendo all'amico Herschel queste parole:
"…al di sopra della Fotografia topografica puramente convenzionale consistente nel fare una mappa, nel dare a uno scheletro fattezze e forme senza quella rotondità e pienezza di forza, quel modellare di carni e di membra che soltanto la mia particolare messa a fuoco può dare, per quanto sia chiamata “fuori fuoco” e come tale condannata. Che cos’è il fuoco? E chi ha il diritto di dire qual è il fuoco giusto? La mia aspirazione è di nobilitare la Fotografia e di assicurarle il carattere e le qualità di una grande arte combinando insieme il reale e l’ideale e nulla sacrificando della Verità pur con tutta la possibile devozione alla Poesia e alla Bellezza…"

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P come PROFONDITA' DI CAMPO

pdc13Quando osserviamo le cose con i nostri occhi le vediamo sempre nitide, che siano lontane o vicine (difetti di vista a parte, s’intende). Se stiamo leggendo un libro, tenendolo a una trentina di centimetri da noi, riusciamo a distinguere perfettamente i caratteri stampati. Se spostiamo lo sguardo verso la persona che, piazzata a due metri da noi e proprio quando stiamo per scoprire chi è l’assassino, ha deciso di rivolgerci la parola, la vediamo perfettamente nitida e se quella persona ci indica il profilo delle montagne sullo sfondo, lontane qualche chilometro, a noi appariranno ugualmente nitide.

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B come BILANCIAMENTO DEL BIANCO

wb01

Sarà capitato a tutti di scattare fotografie in un interno e di ottenere immagini dai toni esageratamente caldi, con una evidente dominante giallo/rossastra. Quel difetto dipende da un’errata impostazione della funzione bilanciamento del bianco, indicata dalla sigla WB (White Balance), su tutte le fotocamere digitali.
La luce che illumina il mondo non è sempre costante. La luce solare, ad esempio, sappiamo avere tonalità più calde (rossastre) all’alba e al tramonto e più fredde (blu) prima dell’alba o al crepuscolo. Anche nelle giornate con il cielo coperto si percepisce una certa “freddezza” della luce.

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Z come ZOOM 2° PARTE

 

Come già affermato nella prima parte dell'articolo, considero indispensabile per il fotografo la piena consapevolezza che le diverse lunghezze focali, ovvero le diverse possibili regolazioni dello zoom, determinano un modo diverso di riprodurre la scena fotografata, di rendere lo spazio e la sua profondità.

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Z come ZOOM 1° PARTE

obiettivi2Alla domanda che pongo agli allievi dei miei corsi per principianti su cosa significhi, in fotografia, la parola “zoom”, mi sento rispondere nelle maniere più varie e strampalate: “è l’ingrandimento del soggetto”, oppure “è l’avvicinamento o l’allontanamento degli oggetti”, o ancora “è quando non si vuole riprendere delle cose vicine al soggetto”. Raramente viene data la risposta corretta:
LO ZOOM È SEMPLICEMENTE UN TIPO DI OBIETTIVO FOTOGRAFICO, CAPACE DI VARIARE IL PROPRIO ANGOLO DI RIPRESA.
Prima di addentrarci nell’argomento è utile fare una breve premessa di carattere storico.

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